Reflusso Gastroesofageo: l’approccio osteopatico

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Reflusso gastroesofageo

In Italia è stimato che il 15% della popolazione soffra di reflusso gastroesofageo ma la percentuale aumenta al 30% se si considerano altri sintomi collegati a questa condizione.

Il bruciore di stomaco è il sintomo più comune, associato spesso a bronco-spasmo e tosse che costringono i pazienti a modificare le proprie abitudini alimentari e il modo di dormire rischiando così, a lungo termine, di modificare e limitare le attività della vita quotidiana.

Quando mangiamo l’esofago fa procedere il cibo verso il basso per poi riversarlo nello stomaco. Tra queste due strutture esiste una valvola detta sfintere esofageo inferiore o cardias, che si apre e si chiude per far transitare il cibo e ha il compito di impedire a quest’ultimo che il contenuto dello stomaco risalga nell’esofago. Nel momento in cui questa valvola presenta un’alterazione anatomica o funzionale il cibo tenderà a risalire.

I meccanismi alla base dell’insorgenza di questo disturbo possono essere molteplici ma generalmente si tratta di alterazioni strutturali della barriera anatomica data dall’angolo di HIS, ossia l’angolo formato dalla giunzione tra esofago e stomaco. Altri meccanismi possono essere dovuti dall’alterato svuotamento gastrico, dallariduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore o dall’alterazione di tutti quei fattori e strutture anatomiche che stabilizzano l’esofago e la giunzione gastro-esofagea. Quest’ultimo punto è fondamentale per quanto riguarda l’approccio osteopatico poiché una delle strutture anatomiche più rilevanti nel causare una sintomatologia da reflusso sono i diaframmi.

All’interno del nostro corpo i diaframmi regolano la pressione intratoracica e intraddominale e nel caso di squilibrio tra queste due cavità pressorie si potrebbe creare una condizione che induca una spinta verso l’alto, causando un’ernia iatale, lacui sintomatologia più tipica è bruciore retrosternale, rigurgito e tosse irritativa.

Il trattamento osteopatico sarà unico e pianificato in base al paziente. Lo scopo è quello di ripristinare il corretto equilibrio omeostatico, normalizzando l’attività del sistema nervoso autonomo e normalizzando quelle ‘disfunzioni somatiche’ che impediscono all’organismo di far fronte a questa condizione.

Può capitare spesso che l’osteopata vada ad indagare e trattare struttureapparentemente non relazionate al sintomo. Questo spesso crea curiosità nei pazienti.Personalmente spiego sempre che le relazioni che si possono instaurare tra i vari distretti corporei sono numerosissime. Esistono delle ‘catene funzionali’ date da relazioni di tipo anatomico, neurologico, fasciale, embriologico, circolatorio ed è frequente che un’area lontana dal sintomo sia la chiave su cui intervenire per risolvere l’intero problema.

Nella pratica clinica personale individuo spesso i diaframmi toracico superiore, addominale e pelvico come prime aree da trattare. Agisco poi sulla colonnarimuovendo le fissazioni scheletriche a livello delle vertebre dorso-lombari (D10-L2-L3), delle vertebre cervicali (C3-4-5), da dove fuoriesce il nervo frenico che innerva il diaframma addominale, e sulla base del cranio con i suoi rapporti tra occipite-atlante-epistrofeo, verificando la mancanza di compressioni a carico del nervo vago.

Questo per evitare di trattare direttamente la zona gastroesofagea che arrecherebbe solo dolore al paziente. Eliminando le disfunzioni nelle strutture circostanti sarà possibile intervenire sul problema con maggior efficacia. 

A fine seduta consiglio sempre di adottare alcuni accorgimenti per favorire la riduzione dei sintomi: diminuire il peso corporeo in caso di sovrappeso, evitare la posizione distesa, elevando ad esempio la testiera del letto, evitare bevande gassate,caffè, alcolici e altri alimenti che il paziente ricolleghi spontaneamente al sintomo.

Affrontare il reflusso gastroesofageo con l’aiuto dell’osteopatia significa trovare un approccio non invasivo e naturale verso la soluzione di questo disturbo.

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